Cous Cous e tiramisù

 

Son cresciuta attorno a tavoli rotondi.

Rotondo come il piatto in terracotta al centro dell’universo,

 in cui ognuno di noi ritrova se stesso

 attraverso il profumo del Marocco.

Gli spigoli non erano contemplati a casa mia.

Servivano solo a coprire gli angoli nudi della cucina.

Mi piacciono i colori caldi della terra screpolata dal sole,

della sabbia mediterranea

 e dei fiori arancio in primavera.

Fatico a definirmi in un solo insieme.

Preferisco di gran lunga sentirmi intersezione di infiniti mondi.

Alfa e Alif compongono il mio pensiero strutturante.

Oriente e Occidente dialogano in me da quando cammino.

A 10 mesi dalla nascita.

Penso sia la curiosità ad avermi mossa così presto.

Mia mamma mi riprendeva se suonava qualcuno al citofono

e chiedevo chi fosse.

Perchè ognuno deve sentirsi benvenuto,

lo vedi quando sale chi é,

 mi diceva.

La Domenica sapeva sempre di cous cous e tiramisù.

Mia mamma cucinava dalle 7 del mattino,

io mi alzavo

 facevo colazione con the alla menta pane caldo e olio.

La pace di ogni senso.

Finivo, sistemavo casa, aprivamo tutte le finestre,

mettevamo l’incenso più buono,

gli abiti e profumi più accoglienti.

Alle 12 era già tutto pronto, la tavola apparecchiata,

mia mamma sapeva di muschio fresco

 e la casa era illuminata di festa.

Pronti ad accogliere ospiti a pranzo.

Ogni domenica la porta era sempre socchiusa.

Mai chiusa, perché é maleducazione.

Nessuno

doveva sentirsi a disagio a suonare e risuonare

se qualcuno non apriva per i rumori.

I bambini dovevano essere liberi di scendere in giardino a giocare

 e risalire a mangiare i dolci

che mio papà puntualmente faceva trovare.

Mi piace l’unione di parole che compongono l’Impero Romano d’Oriente.

Ci vedo il sunto etimologico

 del prodotto generazionale di bipolari culturali come me.

Di Fedoua El Attari

2020-11-14T18:42:30+01:006 Novembre 2020|

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